KEA è veramente la Monghidoro del Mediterraneo?

Due eventi inaspettati sconvolgono l’estate 2017: il povero Gianluca Vacchi si ritrova con la barca pignorata e Gianni Morandi va in vacanza sull’isola di Kea. Ma dov’è sta Kea? L’isola greca nella quale il nostro sedicente umarell (umarellakis, alla greca) è andato a sguazzare lasciandosi alle spalle il set di Calasetta (e l’eterno mare Adriatico rassicurante come le sue manone da prete) è una splendida enclave a un’ora di traghetto dal porto di Atene.

Un’enclave fortunata: è nelle Cicladi ma nessuno lo sa, tranne tutti quei greci ex ricchi che prima della Grande Crisi si sono fatti stupende ville con infinity pool. Ora, loro malgrado, han preso ad affittarle a comitive o, com’è probabile nel caso del Gianni nazionale, a vip curiosi innervositi dalla fauna di Santorini e Mykonos. Qui non ci sono alberghi, quindi rischio zero turismo di massa. In compenso Kea ha tutte le disfunzionalità greche tipiche, rispettate come in un rigidissimo protocollo. Ci sono minimarket, come quello di Iorgos a Pisses, rigorosamente labirintici, dove accanto al latte puoi trovare guanti in gomma Spontex della collezione A/I 2001.Esposizione “a catasta” di giochi preziosi come di presidi medici ortopedici. E frighi, frighi ovunque, pieni di birre Alpha, Fix e soda Tuborg e taniche d’acqua Zagorì. 

Fatti mandare dalla mamma a prender la feta.
Impagabile dunque assistere all’incontro di Gianni e Iorgos, possiamo solo immaginare questo spettacolo, questo scontro fra Titani della cordialità sfasata: «Uellà Iorgos! Come andiamo, alòra? Andiamo beneeee?». E quello: «Calà Calà, tikanis?», ovviamente serissimo perché ha già troppo da fare. Poi Morandi che vaga senza cestino in mano, dato che le sue mani bastano a trasportare una spesa media di 80 euro. Lingotto di feta da un kilo, pomodori lontanissimi dalla misura standard dettata dalla comunità europea, cetrioloni extra large, olive nere, sacchettone di spezie da Souvlaki da 500 g per un barbecue che forse nessuno mai farà.

Uno su mille ce la fa (a vedere il leone di Kea) ma com’è dura la risalita.
Sicuramente il nostro beniamino avrà proposto a chi lo accompagna di andare a vedere il leone di Kea. Con quell’esaltazione un po’ sottovoce: «Dài ragazziii ma lo sapete che qui sotto la strada c’è un leone? Mo siiii, il Leone di Kea, del VII secolo a.c.». La bestiola in pietra ha una faccia sorridente che fa molto Morandi e rappresenta il leone che nella mitologia dell’isola fu mandato dagli dei per devastarla e per far secche una pattuglia di ninfe d’acqua che disturbavano. Bella storia, che la maggior parte dei visitatori keiani legge su internet e poi evita di andare a vedere di persona perché la valletta è terribile con 40 gradi. Supponiamo che anche Gianni abbia desistito.

Non son degno del te (preferisco il Nescafé Frappé)
Ma è proprio in questo paradiso della riccanza for rent che puoi perdere la bussola, e, dopo la fase di esaltazione, rischi di trovarti di nuovo in compagnia di quella percentuale di povertà che ti sei tirato dietro. Perché sì, qualche armatore c’è ancora in Grecia. E se ti atterra in elicottero nella villa a fianco, pensi che sei soltanto uno “big in Japan”, famoso ma in trasferta. E allora tanto valeva restare a Monghidoro. Anche senza infinity pool. Ma vedrete durerà poco questa spiacevole sensazione di inferiorità.

Occhi di moussaka
Per avere gli occhi iniettati di moussaka e ritrovare quindi una meritata serenità vacanziera, basta andare nelle taverne sul porto turistico che si trova sotto la Chora. Anzi no, lì è troppo pieno di fauna tipo vorrei-tanto-essere-a-Santorini-ma-non-posso. Meglio quelle sperse tra gli eucalipti, dove le corpulente sacerdotesse del Karpuzi e del Tzaziki, vi indurranno i medesimi effetti degli antidepressivi di ultima generazione, ma in meno tempo. Molto meno tempo. 109 portate di media, per assaporare le specialità del luogo, il Dakos che andrebbe servita dentro un ciotolone di alluminio, di gusto estetico vagamente canile-di-vigevano. Noi speriamo davvero che il nostro Gianni non si sia cimentato in questa specie di coriacea bruschettona. Buona è buona, per carità. Ma si attacca in maniera irreversibile al lavoro del tuo dentista.

Comunque che dire? Forza Gianniii, forza ragazziii, daaiii. Evviva Kea!

Post di Pesse Minasso. Leggi anche A Paxos per avere una Risposta: Meglio Brexit o Grexit? altra perla del mitologico Pesse...

 

Grecia. Un vero umarell! @annadan94 #umarell

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