Corfù: i consigli di chi ama quest’isola con il cuore…

La Grecia sta riaprendo. Vivendoci, in Grecia, da qualche giorno vedo bar, ristoranti ed esercizi vari adoperarsi sempre più per essere pronti all’imminente apertura.

Ristorazione: 3 maggio, turismo generalizzato: 14 o 15 maggio. Lo aspettavamo da tanto, forse da troppo stavolta, e vedere questo viavai impazzito per poter di nuovo accogliere viaggiatori e turisti è quasi commuovente. La Grecia, spesso se non sempre, ha a che fare con la commozione.

Premessa: Corfù la conosciamo in tanti e le sue spiagge sono famosissime. Il suo capoluogo Kerkryra, che i corfioti chiamano anche poli ovvero città e non chora come nella maggior parte delle isole greche, è certamente conosciuto, ma frequentato spesso di sfuggita. E questo è un gran peccato: Kerkyra è una piccola pittoresca metropoli nel cuore dello Ionio. E allora ho pensato di raccontarvela da dentro, questa Kerkyra, attraverso alcuni cenni mangerecci.

Ma prima di tutto partendo da una premessa assolutamente greca: il mito...
Facciamo finta di essere tornati indietro di tremila anni. Siamo naufragati dopo essere stati per anni prigionieri di una splendida ninfa tanto bella quanto possessiva. Prima di lei, abbiamo vagato per tutto il Mediterraneo incontrando mostri e meraviglie, sfidando divinità e maghe, lottando d’astuzia, innamorandoci un po’, perdendo amici, compagni e forze. Prima di tutto ciò, abbiamo fatto dieci anni di guerra. Quello che vogliamo ha un nome soltanto: casa. Quello che stiamo facendo, lo si può descrivere in un solo modo: ritorno, nostos.

Facciamo finta che, dopo tutto questo, ci ritroviamo, stremati, su un’isola verde e pacifica, dove è sempre primavera e gli alberi sempre gonfi di frutta, così come lo sono i campi. Arriviamo a riva, irriconoscibili agli altri e forse anche a noi stessi. Ma veniamo accolti. Il nostro essere stranieri e naufraghi e senza nome diventa la nostra fortuna. Siamo stranieri e per questo stesso motivo siamo sacri. Non solo: il re dell’isola imbandisce un banchetto in nostro onore. Cibo, vino, primizie. E storie. Non è Grecia, se la tavola non si riempie di voci, ricordi e storie. La sera stessa, un cantore canterà per noi. Noi parliamo poco, non diciamo nulla di noi, nemmeno il nostro nome.

Qui succede l’impensabile. Una lacrima rivela il nostro coinvolgimento profondo. Qualcosa ci unisce a quelle storie. Ed è così: le gesta cantate dal rapsodo parlano di noi, siamo noi. La nostra maschera di straniero sconosciuto cade all’improvviso. Siamo Odisseo (o Ulisse), e ora tocca noi raccontare, in prima persona, le peripezie di un ritorno.

Città Vecchia: Mouragia e 2 CV

Per la prima volta riveliamo il nostro nome: dicendo chi siamo, abbiamo ritrovato l’identità, e lo abbiamo fatto a tavola, tra cibo, vino, musica e storie, in una notte greca infinita e ospitale, così interminabile da durare ancora oggi.
Siamo nell’Odissea, siamo Odisseo. “E dimmi la terra, il popolo tuo, la città” (Odissea, VIII, 555), questa la richiesta di re Alcinoo a Odisseo, che accende il fuoco del racconto. La risposta dell’eroe sarà il lungo racconto delle Sirene, di Circe e Polifemo, di Scilla e Cariddi. Senza l’ospitalità e l’accoglienza - la filoxenia – queste storie non le avremmo mai sentite.
Dove siamo? A Corfù

Facciamo finta che non siano passati tremila anni dalla nascita di questi miti (cioè l’Odissea). Non è per niente difficile, perché la Corfù contemporanea è, ancora oggi, un mito pieno di vita, una leggenda fondata su una nobiltà storica e letteraria impareggiabile ma allo stesso tempo ipermoderna.


Se fossimo un moderno Odisseo (a chi non piacerebbe?), che storie sentiremmo nella Kerkyra di oggi?

Il sostituto della reggia dei Feaci è senza dubbio la città storica di Corfù, patrimonio UNESCO. Due Fortezze Veneziane decorano e proteggono ancora oggi l’abitato, quella Vecchia dal mare, quella Nuova appena sopra il porto vecchio. In mezzo, i quattrocento anni di dominazione veneziana, uniti al periodo inglese e poi francese, compongono un mosaico architettonico di pura bellezza.

Dal Liston, la passeggiata signorile porticata affacciata sulla Spianada, fino al Palazzo Reale e dentro fino ai kantounia (le strette viuzze del centro), la città emana un’armonia elegante come i suoni delle più di venti filarmoniche che ancora oggi risuonano per tutta l’isola.

Corfù è un’isola colta e il Leone di Venezia ruggisce nei cuori dei suoi abitanti. Al posto del banchetto della mitologia, troviamo l’epica della gastronomia contemporanea. Corfù è speciale anche in questo. I popoli che l’hanno vissuta, dominata e attraversata nei secoli hanno dato vita a una mescolanza unica di sapori.

Marina la cuoca viaggiatrice. A pochi metri dal Porto Vecchio, all’ombra dell’imponente Fortezza Nuova, lì dove inizia il rione “Ovriakì”, l’antico ghetto, c’è Το Ταβερνάκι της Μαρίνας – Marina’s Tavern. Il nome dice “tavernaki” (tavernetta, piccola osteria), ma a me negli anni è sembrato a volte un bistrot parigino (la frequentano i maggiori intellettuali greci e non solo, oltre che i politici), altre un ristorante di alto livello, altre ancora un porto sicuro dove accogliere gli stranieri provenienti da ogni parte del Mediterraneo. A renderlo incontestabilmente Taverna è quel senso di veracità spontanea che ti avvolge appena ti siedi ai bellissimi tavoli in legno affacciati sulle antiche case in stile veneziano, oltre ai prezzi più che accessibili. Marina è una cuoca viaggiatrice, protagonista del progetto di gastronomia tra Italia e Greca MedTaste e di molti viaggi come ambasciatrice della cucina corfiota nel mondo. Tra tutti i piatti, citerò il bourdeto, piatto tipico e poetico assieme: pesce di scoglio (spesso scorfano), obbligatoriamente fresco, dalla laikì agorà (mercato) poco lontana. Il nome farebbe pensare a un brodetto, ma è altro: un’esperienza mistica e piccante, una piccola mitologia isolana nata dal mare. Si narra che i pescatori di Corfù lo abbiano creato in alto mare, grazie all’incontro coi colleghi italiani, al largo dello Ionio. Unendo il poco che le cambuse mettevano a disposizione, in attesa del cambio dei venti, insieme all’amicizia tra equipaggi nasceva, nella notte dei tempi, questo piatto piccante. Un piatto che parla la lingua franca del mare, un alfabeto di fratellanza, fatto di pesce e peperoncino.

Fortezza Vecchia - Chiesa San Giorgio e Musica!

Nikos e la pita creativa. Kèrkyra (o Corfu Town, stando alle guide) è una città pulsante e piena di vita propria. L’epica omerica ci ha insegnato che bestie, mostri e uomini si differenziano in quanto quest’ultimi sono “mangiatori di pane”. Ecco allora, lungo via Guilford, che dal rione di Porta Remounda scende fino a Plateia Dimarcheiou (Piazza del Municipio, ai tempi dei Veneziani San Giacomo), Starenio, uno dei migliori forni di Corfù. Il signor Nikos sforna ogni giorno, tranne la domenica, pane, dolci e pites ripiene. Nikos ha avuto un’idea: “evolvere” il concetto di pita allargandolo alle tipicità locali di Corfù e dello Ionio e alla stagionalità. E poi il pane, quello col lievito madre (prozymi) è croccante e aromatico come pochi altri nel Mediterraneo. A parte la location pittoresca, se si abita in città vecchia questo posto è la tappa migliore prima di partire per il mare. Siamo mangiatori di pane. Se ripieno, ancora meglio.

Giovanni e Francesca al sapor di Rosmarino. Corfù da secoli non bada alla provenienza di chi vi arriva, ma dà spazio a tutti, con un occhio di riguardo verso gli italiani. È il caso di Giovanni e Francesca, alla guida di Rosmarino Restaurant, in Plateia Dimarchiou. La vita ha portato qui prima Giovanni, dalla Lucania passando per Londra, e poi Francesca, dalle Dolomiti passando per mezza Europa. Oggi, danno voce ai ricordi dell’Italia accordandoli alle tendenze mediterranee. I corfioti impazziscono, così come gli stranieri. Gli italiani come me, che ogni tanto sentono il bisogno di italianità, anche. Un terrazza vista Municipio (il dimarcheio, il teatro San Giacomo al tempo dei veneziani) completa l’esperienza senza confini di una cena sospesa tra partenze, ritorni, arrivi e attese.

La Favela del Campiello. Un paradosso geografico inspiegabile. Siamo nel cuore della città vecchia, nel quartiere di Campiello, a pochi metri dalla Metropoli (Μητρόπολη, la chiesa matrice della città) e dai maggiori flussi del passeggio turistico. Nonostante questo, sono ancora pochi i turisti che hanno scoperto questo gioiello. Una piazzetta quasi tutta per sé, con vecchi muri pittoreschi, parcheggi selvaggi di residenti poco propensi alle logiche green e vestigia veneziane, accoglie i tavolini di Favela n° 17, dove Evgenìa e Vassilis preparano crepes, pancake e ogni altro ben di dio dolce e salato fino a sera tardi. Qui la grecità è tutta contemporanea, ed è questo il suo bello. D’altra parte, il tempo del mito è sempre l’oggi, soprattutto in Grecia.

Il magazzino di Marino. Negli anni della crisi Corfù, grazie anche all’apertura di diverse facoltà universitarie, si è riempita di studenti e, insieme a loro, di nuovi locali, come l’Apothiki (Αποθήκη Τσιπουράδικο Κέρκυρα). Uno tsipouradiko (tipologia di locale dove si serve tsipouro, distillato greco simile alla grappa, accompagnato da mezedes, preparazioni spesso tradizionali servite in piccole porzioni da condividere con la tavolata) dove bere e mangiare fino a tardi. Una vecchia Apothiki (magazzino) nel cuore della città vecchia, con le volte a botte e le lampade in rame che fanno un po’ anni ’50 e un po’ Londra. Dentro, Marino, ingegnere gourmet, accoglie studenti, residenti e i pochi turisti che lo scoprono (è in una parallela della centralissima odòs Nikiforou Theotoki), con piatti fantasiosi che uniscono tradizione e contaminazioni, oltre all’ottimo vino e all’atmosfera libertaria, non di rado accompagnata da improvvisazioni musicali degli avventori, al boukuzi o alla lira. Per fare tardi, ché tanto in Grecia non lo è mai.

Nino e la maga Natasha. Nino è il mageireio-psistarià (osteria-gastronomia-griglieria) del cuore di Corfù, altrettanto amatissimo da turisti e residenti. È la salvezza degli inverni corfioti, oltre ribelli nate e cresciute a Corfù, come Elena, eleganti funzionarie ministeriali stabilitesi ad Atene: c’è posto che certezza delle sue estati. Natasha, la cuoca instancabile al timone della cucina, lavora incessantemente estate e inverno, da mattina a sera tardi. Nino è l’ennesima rappresentazione del cosmopolitismo corfiota e della sua profonda anima liberale. Turisti nordici storditi dal caldo, insegnanti– e pasto - per tutti, tra i vicoli della Città Vecchia, appena dietro il Liston. Souvlaki con sugo (σάλτσα) corfiota e piatti tradizionali. Se non è verace, non ci piace. (Sevastianou 44, Corfu).

Aristotelis il mediterraneo. Non parlo di quello che non so: non ho ancora provato la sua cucina (a parte dei melomakarona natalizi perfetti), perciò non esprimo un giudizio. Parlo invece di quello che conosco, ovvero i locali di Pomo d’Oro e Aristotelis Megoulas, il titolare: mezzo greco e mezzo francese, italiano di innamoramento culturale e bolognese di nostalgia, Aristotelis gestisce con passione il suo ristorante, accanto a un’antica cisterna delle fortificazioni veneziane. La città vecchia che lo circonda lascia spazio, una volta entrati, all’arte contemporanea e a un’atmosfera dandy-mediterranea che è raro trovare altrove. Se lo provate prima di me, fatemi sapere, ma non ho dubbi sull’esito. Il Mediterraneo è, anche, destino (Predrag Matvejević).

Città Vecchia - Liston d'Inverno

Eccola qui la Corfù di cui mi sono innamorato io, mezzo veneto mezzo calabrese sicuramente greco nel profondo della mia anima. Radici lontane, forse solo oniriche, ma che tanti italiani condividono con me: perché non è raro che io - come Paola aka My Greek Salad - mi senta dire: "in una vita passata sono stato greco / greca". E allora io, la Grecia sotterranea e atavica che da sempre inconsciamente mi richiamava, l'ho scelta. Lei è diventata mia moglie, in senso reale e figurato, e a lei mi sono abbandonato....

Liston, via Nikifrou Theotoki

E' questo il racconto di Alberto Cotrona: italiano e greco di adozione che chi segue My Greek Salad già sicuramente conosce. Dalla collaborazione tra My Greek Salad, Alberto e MYTH euromed è infatti nato il progetto #AgapiMouGrecia. Un progetto partorito dal cuore - se così si può dire - e nato per raccontare la Grecia attraverso emozioni vere, belle e sempre pure. Pure come il bianco delle chiesette che tanto ci piacciono; pure come l'aria sanificata dal meltemi; pure come la gioia e la rabbia, la nostalgia e l'amore. Un progetto sincero che è piaciuto, ancora una volta con sincerità, a chi la Grecia la conosce veramente: ovvero l’Ente Ellenico per il Turismo - EOT Visit Greece che ha deciso di dare il proprio patrocinio a questo pazzo sentimento chiamato #AgapiMouGrecia. E allora grazie Alberto, grazie Angela, grazie Grecia...

www.mygreeksalad.it

www.myth-euromed.org

Città Vecchia vista da Anemomylos
Città Vecchia Odòs Guilford
Palazzo Reale e Fortezza Vecchia
Città Vecchia, Pentofànaro
Liston, via Nikiforou Theotoki
Città Vecchia Apothiki di Marino
Rosmarino Restaurant
Taverna di Marina

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